Lavoro agile, l’assessore Gabusi per tornare in presenza 3 giorni a settimana. La Uil: «Si vuole lavorare per obiettivi?»

Sul tema dei rientri dei dipendenti in sede l’assessore regionale al Personale, Marco Gabusi, ha espresso la scelta a priori di «far tornare a lavorare» in presenza i dipendenti tre giorni a settimana da giugno tranne i lavoratori fragili e in prospettiva, se la situazione del virus migliora, da settembre cinque giorni a settimana.
È quanto emerso da un incontro politico-sindacale svoltosi mercoledì 26 maggio.
In un comunicato, la Uil riferisce di aver «ricordato, senza trovare condivisione da parte dell’assessore, che ci sono casistiche che dovrebbero essere trattate diversamente e con particolare attenzione, quali ad esempio quelle che attendono il riconoscimento dello stato di fragilità da parte del medico competente, quelle che convivono con soggetti fragili o accudiscono parenti anziani, quelle che che per arrivare nella sede di lavoro prendono più mezzi pubblici».
La Uil ritiene che «tali aspetti, unitamente al rischio della compresenza nelle stesse stanze di più dipendenti e alle interferenze sulla sicurezza di più persone negli spazi comuni, vadano considerati nell’ambito della tutela e sicurezza della salute dei lavoratori. Nulla purtroppo è stato detto sul potenziamento dei presidi sanitari e nessuna garanzia è stata data sul rispetto delle norme di sicurezza sul luogo di lavoro. Le attuali misure di sicurezza vigenti per essere rispettate che numero di dipendenti massimo prevedono per sede?»
La Uil ha inoltre fatto notare che «il rientro indifferenziato di tre giorni alla settimana non è supportato da un’analisi delle attività e delle esigenze lavorative nelle varie Direzioni, ci sono infatti attività che non richiedono affatto di essere svolte in presenza ed altre che, invece, richiedono di essere svolte quotidianamente di persona in ufficio. Nessun cenno all’efficacia ed efficienza dell’Ente collegato allo svolgimento del lavoro da remoto o in presenza».
La Uil argomenta che «la rivoluzione culturale nel mondo del lavoro che è in atto a seguito della pandemia, dove si è palesata a livello globale la necessità di sviluppare, oltre allo smart working, ulteriori nuove forme e modelli lavorativi al passo con l’evolversi dei tempi, è un argomento che sinora non sembra essere preso in considerazione all’interno dell’Ente Regione ma favorito e potenziato dalla stessa amministrazione all’esterno con cospicui finanziamenti per il settore privato».
All’incontro con l’assessore Gabusi, la Uil ha evidenziato come «l’utilizzo dello smart working significhi lavorare per obiettivi e non per bollature della presenza, su questo resta aperto l’interrogativo: l’amministrazione vuole lavorare per obiettivi? vuole attivare un modo di lavorare che guarda al risultato? dopo un anno e mezzo di smart working la Regione quali aspetti positivi e negativi ha riscontrato? Interrogativi ad ora senza risposta. In questa esperienza anche i dipendenti, attraverso le organizzazione sindacali, vogliono analizzare gli aspetti positivi e negativi dello smart working emergenziale per arrivare alla definizione di un regolamento per lo smart working ordinario, che non vuole essere uno smart working di quattro giorni a settimana per tutti ma una flessibilità lavorativa che va studiata e definita».
In seguito alla perseveranza della Uil si è ottenuta la condivisione dell’assessore Gabusi sull’apertura di un dialogo per la definizione delle regole sullo smart working post emergenza, incominciando subito gli incontri tecnici. L’assessore ha esplicitato di essere favorevole ad esempio ad «uno smart working un giorno a settimana per l’80% dei dipendenti».
La Regione Piemonte nonostante tutto non può più permettersi di tornare indietro e la Uil darà il suo contributo per andare avanti.

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