Terminato il lungo iter che per anni ha visto circa 200 dipendenti regionali inchiodati a un contratto part-time.
Era il maggio 2013 quando gli allora oltre 200 dipendenti della Regione Piemonte, assunti tra il 2009 e il 2010 per un periodo di tre anni a seguito del superamento di un regolare concorso pubblico, ma con la certezza che sarebbero stati presto stabilizzati secondo quanto prevedeva la normativa nazionale, avevano ormai perso la speranza di vedere il proprio percorso lavorativo proseguire all’interno dell’ente.
Ritardi e successivi cambi di rotta delle amministrazioni regionali che si sono susseguite si erano infatti accompagnati a un mutato scenario normativo nazionale che ormai non avrebbe più permesso alla Giunta regionale di procedere con le procedure di stabilizzazione auspicate.
La delusione di allora portò addirittura alcuni di quei dipendenti a licenziarsi, proprio perché messi di fronte ad altre opportunità lavorative che a quei tempi davano loro maggiori garanzie.
È stato proprio in quella primavera del 2013, a seguito di numerose assemblee e manifestazioni di fronte al Consiglio regionale che non sembravano aprire ad alcuna speranza, che la Uil decise, spontaneamente e, in quell’unico caso, separatamente dalle altre sigle sindacali, di dare “carta bianca” a tre di quei dipendenti precari iscritti al sindacato affinché, in extremis, provassero a trovare una strada che riuscisse a dare loro una qualche speranza di non vedere concludere la loro carriera in Regione a fine di quell’anno.
Iniziò così un percorso di sensibilizzazione nei confronti della politica nazionale affinché in previsione della legge sul pubblico impiego, che sarebbe stata presentata dal Governo in forma di decreto nell’estate successiva, venisse contemplato un appiglio normativo che permettesse la stabilizzazione degli oltre 200 lavoratori regionali, così come da loro auspicato ai tempi del superamento delle prove concorsuali.
Agli incontri con i parlamentari piemontesi, che si tennero presso la sede UIL di via Bologna, si unirono la Cgil e Cisl regionali, e insieme si portò avanti un percorso condiviso che vide coinvolte tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento.
Per chi visse i giorni di quelle estenuanti votazioni parlamentari, che in molte occasioni non sembravano dare alcuna speranza, nonostante le ore passate appesi al telefono per riformulare un testo normativo che a Roma sembrava non andasse mai bene, l’impresa di allora sembra quasi un miracolo.
Fu in quel momento che le prospettive cambiarono di colpo, durante una delle ultime votazioni del decreto legge, quando un parlamentare telefonò a uno dei precari che aveva collaborato alla formulazione dell’emendamento “salva precari” e disse che il ministro della Funzione pubblica aveva appena detto che ormai era troppo tardi, che il Governo non avrebbe dato il parere positivo all’emendamento al fine di procedere all’approvazione finale del testo di legge, che si sentì rispondere: “andate comunque al voto, vedrete che l’emendamento passerà nonostante il no del Governo”.
Fu appunto lì che tutto si sbloccò, che l’incubo diventò inaspettatamente un bel sogno. Pochi secondi in diretta web dall’aula di Montecitorio decretarono la vittoria dei precari della Regione Piemonte. La maggioranza parlamentare e buona parte dell’opposizione votarono a favore di quello che sarebbe diventato l’art. 4, comma 6 quater del D.L. 101/2013, convertito in legge 125/2013.
L’esultanza di quei momenti durò per qualche settimana, fino a quando una circolare ministeriale, applicativa della legge, arrivò a precisare che il personale soggetto alle misure di stabilizzazione sarebbe potuto essere assunto a tempo indeterminato solamente rispettando gli stretti vincoli economici di turn-over definiti nella legge di stabilità del 2009: in sostanza, non si potevano impegnare risorse sufficienti per stabilizzare tutti.
Le organizzazioni sindacali, nonostante il parere diverso dell’amministrazione regionale, chiesero che venissero comunque adottate misure univoche per tutti i dipendenti coinvolti, e che pertanto, se le risorse da impegnare erano poche, quelle poche dovevano essere utilizzate nel modo più equo. Quindi, a malincuore, si ottenne di assumere tutti i lavoratori coinvolti con un contratto a tempo indeterminato a part-time al 50%, poi successivamente aumentato all’83,33%.
Dal 1° maggio 2017, a distanza di tre anni della stabilizzazione avvenuta il 2 gennaio 2014, grazie ad un accordo siglato tra le organizzazioni sindacali regionali e l’amministrazione regionale, 187 ex lavoratori precari potranno vedere finalmente il loro rapporto lavorativo trasformato in un contratto full-time.
Il percorso di trasformazione contrattuale prevede che la nuova assunzione possa avvenire in tempi diversi a seconda del periodo di maturazione dei tre anni lavorativi a tempo indeterminato e part-time (cosi come vuole il contratto del pubblico impiego), che non per tutti è uguale: 1°maggio, quindi successivamente il 5 settembre, il 5 ottobre e, infine, il 15 novembre, data ultima per poter ottenere la trasformazione del contratto a tempo pieno.
Contestualmente, nel mese di giugno, avverranno la stabilizzazione a tempo pieno di un’unità di categoria C, rimasta a tempo determinato sin dal 2014, e l’assunzione di 6 unità (5 di categoria D e una di categoria C) attualmente non dipendenti regionali ma possessori dei requisiti normativi previsti dal dall’art. 4, comma 6 quater del D.L. 101/2013, convertito in legge 125/2013.
Una battaglia che sembrava impossibile è stata vinta, e questo grazie all’impegno dei lavoratori stessi che si sono impegnati in prima linea in questa dura sfida, delle sigle sindacali e di una parte della politica che ha saputo dare piena collaborazione nel raggiungimento degli obiettivi, grazie a un confronto civile, cordiale e costruttivo che in altre occasioni non sempre si è riusciti ad avere.
Un grazie infinito a tutti coloro che ci hanno creduto, e i migliori auguri per questi lavoratori affinché la loro carriera in Regione possa proseguire raggiungendo i traguardi auspicati e affinché possano continuare a servire con onore e dignità i cittadini piemontesi.